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L’Amazzonia, le Dee dei boschi e Jodorowsky

“Ascolta, boscaiolo, ferma il braccio: legno solo non è quello che abbatti, non vedi il sangue sgorgare dalle Ninfe che vivono nei tronchi dalla dura scorza? Sacrilego assassino, se s’impicca un ladro per un bottino di scarso valore quanto più tu meriti, o malvagio, e ferro e fuoco e morte e patimenti”. 

Con queste parole il poeta francese Pierre de Ronsard dà voce alla Dea Demetra che maledice chi deturpa le sacre querce. Secondo un mito greco, Erisittone osò invadere il bosco sacro che a Dozio i Peslagi avevano dedicato a Demetra e cominciò ad abbattere gli alberi. Demetra assunse allora l’aspetto della ninfa Nicippe, sacerdotessa del bosco, e gentilmente esortò Erisittone a desistere.
Ma quando il giovane, irritato, la minacciò con l’ascia, la Dea gli si rivelò in tutto il suo splendore e lo punì condannandolo a soffrire perpetuamente la fame, anche se avesse mangiato, sino al punto che finì per divorare se stesso.

 Un tempo tutti gli alberi erano venerati, rispettati e considerati protetti dalle divinità e violare un bosco o abbattere un albero sacro era considerato un atto vile di indicibile gravità.

 Oggi, chi li protegge?

 Un tempo, che le forme arboree possedessero un’anima, un proprio respiro, che fossero vivi esseri pulsanti e che fossero in comunicazione con gli esseri umani sussurrando parole era convinzione imprescindibile della religiosità primitiva. Si ritenevano che le piante fossero abitate da entità femminili delicate, ma potenti. Esseri silvestri, teofanie botaniche cristallizzate in figura umana: giovani donne che inseguono una vita selvaggia e libera.

 I grandi alberi sono stati i primi santuari dell’umanità. Le foreste erano luoghi iniziatici, ricchi di energie misteriose, nei quali inoltrarsi col rispetto dovuto a tutto ciò che è sacro e in cui smarrirsi per ritrovarsi. Le alte colonne dei templi si sono ispirate proprio agli alberi: un tentativo di addomesticare con le geometrie del pensiero razionale architettonico il caos prolifico della natura selvaggia.

Per i greci, le ninfe Driadi e Amadriadi erano considerate le anime degli alberi. Le querce avevano un privilegio rispetto agli altri perché si riteneva le ospitassero entrambe.

Le prime dimoravano nel cuore della pianta, quasi ne fossero vigili sacerdotesse, ma, poiché non partecipavano visceralmente al suo ciclo vitale, potevano abbandonarla in caso di pericolo. Si riteneva che fossero in grado di vendicare la violazione dell’albero, ragione per cui, prima di abbattere una quercia, era necessario compiere un particolare rituale per placare e allontanare la ninfa. Le Amadriadi, invece, vivevano di un’intima partecipazione alla forza vitale del loro doppio arboreo, come spiega il suffisso “ama” (“insieme”) che precede il loro nome: poiché la loro esistenza era minacciata insieme a quella vegetale, ne erano le più gelose custodi e la loro maledizione era la più temibile. Se moriva l’albero, infatti, morivano loro stesse. Ma poichè la quercia era ritenuta millenaria, le Amadriadi si considerava quasi immortali.

La mitologia di tutto il mondo è ricca di figure divine, solitamente femminili, protettrici degli alberi e legate ad essi. Le Yaski nella mitologia induista, le Nang Mai in Thailandia, Kurozome in Giappone, numerose divinità celtiche, e infinite altre. Il culto degli alberi come manifestazione sacra e divina della Madre Terra era profondamente radicato ed esiste un forte legame con la sacralità femminile.

La sacralità femminile ha infatti iniziato ad essere vilipesa proprio quando si è iniziato a distruggere la natura sfruttandola senza limiti, perdendo l’antica percezione che ogni essere vivente è parimenti parte di una stessa unità e che la Terra è la Madre che nutre, accoglie e genera la vita. Non è un caso che le manifestazioni rituali dei culti di sacralizzazione della natura iniziarono ad essere contrastati proprio di pari passo con la sopraffazione del femminile delle nuove religioni.

Ai tempi di Carlo Magno, a seguito della “Capitulatio de partibus Saxione” del 782, le offerte rivolte agli alberi sacri o qualsiasi altra forma di culto degli spiriti degli alberi e delle sorgenti vennero messe ufficialmente fuorilegge. 
Grandi e millenari alberi sacri vennero drammaticamente abbattuti.
Il culto però non fu completamente annientato, continuò e nel 1227 il sinodo di Treviri ha decretato che il culto degli alberi e delle fonti era rigorosamente e definitivamente proibito, con nuove distruzioni di alberi sacri.

Nessuna proibizione riuscirà mai però ad annientare la percezione del sacro a contatto con un albero secolare. Una sacralità che è bene ricordare in questi tempi di grandi devastazioni in cui la Madre Terra, la Pacha Mama, la Dea Madre personificata nella natura chiede aiuto.

L’Amazzonia, il polmone del mondo, brucia. E non solo da ora. La bruciano da decenni per distruggere gli alberi e creare pascoli, campi di soia, coltivazioni intensive di banane, ananas, palme da cocco e canna da zucchero. Il numero degli incendi e le superfici bruciate sono aumentate enormemente anche per effetto delle condizioni di aridità che quest’anno si sono aggravate. Con Jaer Bolsonaro che ha dichiarato di non vedere un problema nella deforestazione se contribuisce all’economia del Paese, i fazenderos hanno certamente vita più facile, però forse il problema siamo anche occidentali iperalimentat* che compriamo frutta tropicale esotica, carne sottovuoto che viene dal sud America, zucchero raffinato e soia transgenica. Il primo gesto che potremmo fare per salvare quelle terre è smettere di comprare questi prodotti.

Un altro gesto per riequilibrare materialmente ed energeticamente la tragedia amazzonica lo ha proposto Alejandro Jodorowsky che ha lanciato l’idea di realizzare un atto psicomagico mondiale: il 7 settembre (che lui ha scelto perché “è il numero più attivo e settembre porta il Sé della semina”) propone che ogni essere umano pianti o semini un albero in qualsiasi luogo si trovi.

Questo gesto simbolico di restituire alla Terra violata un atto di cura e d’amore condiviso è una risposta di speranza all’inconscio collettivo che di fronte a queste devastazioni si chiede: chi ci proteggerà?

Gli spiriti degli alberi, le Dee luminose che fermano il gesto di distruzione, le Amadriadi dei boschi e le protettrici delicate e potenti delle foreste di tutto il mondo non sono scomparse.

Siamo noi.

 

 

 

 

 

 

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